Proprio come Bobet

Tempo di lettura: 2 minuti e mezzo

Era il 1956 e, quando nostro padre aprì Da Mimmo in Città Alta, in tutta Bergamo e provincia non si riusciva a trovare una sola mozzarella. Un latticino sconosciuto e dall’aura esotica assolutamente irreperibile nelle lande orobiche. Ma senza mozzarella come fai a fare la pizza? Non ci sono alternative: bisogna andare a Milano a prenderla.

Fu così che papà, ogni lunedì, si alzava prima dell’alba e si metteva in sella al fedele Mosquito, il suo destriero col “rullo”, per raggiungere la metropoli tentacolare e acquistare un po’ di prezioso fiordilatte. Giusto la quantità necessaria per preparare qualche pizza da far assaggiare ai suoi nuovi compaesani. Forse un po’ chiusi e sospettosi, ma vedrai che una volta provata la pizza…

“Per affrancarsi dalla schiavitù dei pedali”, “per tutte le strade e per tutte le borse”, recitavano le pubblicità Garelli dell’epoca. Fornito di un piccolo motore ausiliario pensato per le biciclette, il Mosquito era proprio quello che gli serviva.

D’inverno doveva vedersela con il buio, il freddo e sovente anche la nebbia, mentre in primavera capitava spesso che gli facesse compagnia la pioggia. Per non parlare del sole rovente che in estate seguiva implacabile il suo rientro a casa.

Percorreva chilometri e chilometri che si dipanavano tra strade appena asfaltate e qualche sterrato, attraversando paesi e borgate, e per un lungo tratto costeggiando l’Adda. Leggero all’andata ma carico al ritorno – perché quindici chili di mozzarella sono tanti – nostro padre arrivava sfinito in Città Alta, con le gambe doloranti ma le mani ben salde sul manubrio, percorrendo a piedi l’ultima salita.

Sì, perché il motore del Mosquito poteva essere disinserito per consentire la marcia come semplice bicicletta. Allo scopo di risparmiare un po’ sul carburante, per lunghi tratti papà pedalava come un navigato passista, abile nel gestire le proprie forze, alle prese con una tappa decisiva del Giro d’Italia o del Tour de France.

Ci raccontava che, per affrontare le intemperie e la fatica, spingeva forte sui pedali immaginando di essere Louison Bobet. Figlio di una terra dominata dal vento e dalla pioggia – la Bretagna – che si affaccia su un mare vigoroso e prepotente, Bobet fu uno dei grandi campioni che animò il ciclismo eroico del dopoguerra, vincendo per tre volte consecutive la “Grande Boucle”.

Compagni e avversari lo chiamavano il ciclista gentiluomo e papà lo ammirava al pari del talentuoso ed elegante Fausto Coppi, il Campionissimo, e del mai domo “Ginettaccio” Bartali.

L’immedesimarsi in Bobet moltiplicava all’inverosimile le sue energie, consentendogli ogni lunedì di tagliare il traguardo sulla Corsarola, stremato ma sempre a braccia alzate.

Anche da anziano, Mimmo ricordava con nostalgia quel pedalare mattutino in sella al suo Mosquito. Certo, gli anni Cinquanta non erano più l’epoca in cui, prima di mettersi in cammino per Milano, i bergamaschi facevano testamento, ma era pur sempre un viaggio avventuroso e con non poche insidie.

D’altronde, papà sapeva di non poter fare altrimenti. Lunga vita ai casoncelli e alla polenta con il coniglio, ma senza il fiordilatte come avrebbe potuto far amare la vera pizza napoletana agli abitanti di Città Alta?