• Le storie di Mimmo

La lettura di Famiglia Cristiana

Tempo di lettura: 3 minuti e mezzo

Per tradizione familiare e indole propria, nostra madre aveva un profondo senso religioso, una sincera fede cattolica che sin da bambina l’ha accompagnata in tutta la sua esistenza.

Con suo grande rammarico, l’impegno ininterrotto al ristorante le impediva di frequentare regolarmente la chiesa, sia la domenica sia nelle feste di precetto. Mamma era perennemente in prima fila Da Mimmo – tra fuochi, padelle e faccende varie – anche a Natale e Pasqua e non si poteva certo muovere da lì.

Per lei era un autentico cruccio. Tuttavia, il suo temperamento tutt’altro che arrendevole, la spinse a ricercare il modo migliore per riparare a quella che lei viveva come una grave mancanza.

Fu così che colse al volo la proposta della nostra parrocchia, quella di Sant’Agata del Carmine, di distribuire Famiglia Cristiana e contribuire alla raccolta dei fondi necessari alle numerose attività in cui era impegnata la chiesa di quel borgo, all’epoca un po’ sgarrupato, posto al cuore di Città Alta.

Con sorprendente abilità, ogni settimana mamma Lina riusciva a vendere l’intero pacco di riviste che le veniva assegnato. Che si fosse iscritta segretamente a un corso per piazzisti porta a porta senza dircelo? Proprio no, ma il trucco c’era…

Nei primi anni Sessanta, da Mimmo lavoravano molti ragazzi provenienti dall’Italia del Sud. Lasciate le famiglie di appartenenza, costoro si trasferivano qui pronti a rimboccarsi le maniche per dare una mano anche ai parenti meno fortunati che erano rimasti a casa.

Nostra madre sentiva una grande responsabilità nei confronti di questi volenterosi figli del Meridione. Credeva fortemente nel ruolo educativo della famiglia e per il periodo in cui costoro “faticavano” al ristorante per lei erano altri figlioli a cui provvedere, una prole allargata sui cui vigilare con amorevole rigore.

Per questo, con l’intento di tenere vivo il sentimento che questi giovani nutrivano per i loro congiunti, mamma consegnava ad ognuno di loro una copia del settimanale di ispirazione cattolica. Senza tralasciare, nei giorni successivi, di verificare con un pizzico di astuzia che l’avessero letta.

I ragazzi erano convinti che il gesto di mamma fosse totalmente gratuito ma non era così, perché alla fine del mese lei detraeva il dovuto dalle loro mance.

I più spavaldi azzardavano timide proteste ma nostra madre era inflessibile nel ricordare loro che “tutto va pagato altrimenti non se ne coglie il valore e l’importanza”. E poi, lo scopo era doppiamente benefico: un aiuto concreto alla chiesa e una lettura educativa orientata a preservare i valori della famiglia.

Chi gongolava felice era ovviamente Don Marcello – credo si chiamasse così il parroco di Sant’Agata del Carmine – che, oltre a rimpinguare le casse parrocchiali sempre bisognose di nuova linfa, poteva contare su una sana formazione cattolica a questi giovani arrivati in Città Alta che solo una rivista seria e istruttiva come Famiglia Cristiana poteva garantire.

Mamma Lina, di cui era percepibile in ogni gesto il suo cuore generoso e altruista, poteva contare anche su uno straordinario carisma. Non aveva mai la necessità di proferire verbo, bastava un’occhiata per comunicare con esattezza il suo pensiero.

Nella sincerità del suo sguardo c’era tutta la buona fede che animava le sue azioni. I ragazzi se ne rendevano conto e per questo non se la prendevano più di tanto. E se qualcuno di loro alla consegna della rivista alzava gli occhi al cielo pensando al pacchetto di sigarette che per volontà altrui si tramutava in una rivista, la maggior parte abbozzava un sorriso.

Il quegli anni, il nostro ristorante partecipava più che mai alla vita del borgo, svolgendo un ruolo attivo all’interno della comunità di Città Alta. Era un modo di essere e di vivere ben lontano da quello di oggi ma che allora rappresentava la norma. Da Mimmo non era solo un “bar ristorante pizzeria”, era una piccola impresa profondamente legata al proprio territorio e alla propria gente. Tra quelle mura antiche, un tempo appartenute alla Serenissima, dimorava uno straordinario concentrato di emozioni e sentimenti condivisi.

Chissà se mamma da lassù approverebbe i tanti cambiamenti avvenuti negli ultimi anni nella gestione di un ristorante di famiglia come il nostro. A noi sembra di vederla: un accenno di dubbio nello sguardo subito cancellato dalla grande fiducia nei suoi figli e nel domani. Il tutto, in rigoroso silenzio.